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Hamor: asino in ebraico, con una assonanza d’amore introdotta da una H che stringe come un abbraccio.
Un animale umile, un sentimento schietto e universale: il progetto é nel nome, nella casualità fonetica che significa nel profondo.
Una ricerca di bellezza e autenticità, esperita attraverso la lentezza analogica del mezzo fotografico, dello sguardo posato sulle persone non per esibirle, ma per scoprirle, meglio se piene di umane imperfezioni. Analogico come fatto a mano, con il cuore, prendendo il tempo necessario per scoprire e comprendere, pensando, mettendo l’uomo, autore e soggetto, al centro, in una ricerca estetica ed etica dall’indelebile impronta umanistica.
Comunicare con una immagine vuol dire saper ascoltare il soggetto e restituirlo all’occhio con umile schiettezza, per come è. Il bello, nella sua essenza, è vero, privo di artificio, in equilibrio.
L’imperfezione è segno perché in essa s’addensa l’unicità di ciascuno.

Verum, Bonum, Pulchrum è l’etica ed estetica di Hamor.
Ricerca di vita e di arte perché tra le due non c’é separazione, e non ci può essere.
Una immagine vera trasmette il bene e porta bellezza esprimendo un modo di essere e di esserci nel mondo.
Hamor è un progetto fotografico in divenire.
Ogni immagine come un ritratto, anche quando non lo è, perché scaturisce dal desiderio di riportare l’attenzione sul volto nascosto delle cose, sulla vita che ci sta dietro. Immagini come invito ad un incontro, ad una conversazione che richiede silenzio e attenzione.

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UN PROGETTO UMANISTICO, QUINDI SENZA TEMPO, MODERNO COME SOLO CIÒ CHE È CLASSICO PUÒ ESSERE. 

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ANGELO FLACCAVENTO

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